martedì 12 gennaio 2010

Bodybuilding - Personaggi - Edmond Petrarkés

Preparate scaldamuscoli, bevande energetiche e dosi proteiche, perché sto per iniziare bodybuilding. No, non mi metterò a sollevare le casse audio a ritmo alternato o ad utilizzare il cordino del mouse per fare straching. Il bodybuilding che sto per intraprendere è letterario.



David Gerrold, autore della "Guerra contro gli Chtorr", e Arnold Schwarzenegger, bellimbusto presidente della Califogna: cosa diamine avranno costoro in comune?

Cosa intendo dire?
Anzitutto non lo dico io, ma il Duca Carraronan. Il nostro uomo (con tutto rispetto al Duca) ha infatti tracciato un interessante parallelismo tra scrittura e bodybuilding.
Il mio è un allenamento/riflessione sul come scrivere e si propone di postare con un certo ritmo degli esercizi di scrittura. Alla base di questo bodybuilding letterario, il Duca pone quattro elementi:
- studio e apprendimento della componente generale e teorica per individuare gli strumenti più adatti al mio fisico/forma mentis;
- personalizzazione, ovvero utilizzo degli strumenti specifici;
- meritocrazia, in quanto se faccio le cose giuste nel modo giusto avrò di certo un vantaggio;
- ossessione per i dettagli, poiché sono questi a differenziare decenza da eccellenza.
Inoltre, sottolinea il Duca, quello che conta è soltanto il risultato. Il prodotto delle mie azioni è l’unica cosa che abbia valore: fattori come l’impegno messo in un certo esercizio, l’amore o la passione per ciò che si fa sono indifferenti. Il tutto è maggiore della somma delle parti.
Come se non bastasse non è raro che queste “parti” quali impegno e perseveranza, siano indirizzate nella direzione sbagliata o non siano state supportate da altri elementi essenziali. Ma non migliorerà mai la persona che s’impegna a fare le cose sbagliate, se non a fare peggio ciò che è male.

Il Duca sostiene:

“Quindi smettetela di scrivere, aspiranti scrittrici, e andate subito in
palestra che di romanzacci da quattro soldi ne abbiamo fin troppi!”


Ben detto Duca, sono d’accordo con lei!
Non è costruttivo scrivere a starnuti come la signorina Strazzulla, perché otterrò solo scraci; se vomiterò su carta quanto scorre nella mente, molto probabilmente avrò sul foglio solo del vomito, e non un elegante flusso di pensieri come fatto da Joyce. Prima di scrivere bisogna ragionare sul come scrivere, perché l’atto dello scrivere richiede dei preamboli, degli studi anteriori che possono essere effettuati su vari libri o sui manuali di scrittura.

Avrete ormai capito che il mio lavoro di scrittura è iniziato ancora prima di aprire il file Word. I miei studi anteriori li cominciati con la lettura del primo manuale di scrittura, “Wordl of Wonder – How to write science fiction & fantasy” di David Gerrold. Dopo questo studio teorico credo sia passato il momento di provare i primi esercizi. Valutiamo poi i risultati.
Il primo esercizio è il dialogo col personaggio, in particolare il mio protagonista.
Signori, Edmond Petrarkés.


· Come si chiama? Edmond Petrarkés.
· Quanti anni ha? Sedici e mezzo.
· Chi sono i suoi genitori? Jerard, un fabbro, e Geraldine. Lei lavora a casa, fa le pulizie. Non ha un impiego fisso. A volte va a lavorare come inserviente in casa altrui.
· Dov’è nato? In quali circostanze? Accadde qualcosa di inusuale? Qual è il suo rapporto con la famiglia? Sono di Lomma. Alla mia nascita non è successo un emerito nulla, se non lo scontro di mio zio Joe col neonato Dham. Ma questa è un’altra storia. Coi miei ho un rapporto tranquillo e piacevole. Mio padre forse è un po’pedante.
· Che infanzia ha avuto? Che rapporto ha coi fratelli/sorelle? Ho avuto un’infanzia nella norma. Verso i dieci anni ho iniziato ad essere più schivo. Il rapporto con mio fratello attualmente è… bè difficile definirlo. Ci siamo visti una sola volta!
· Dov’è andato a scuola? Che educazione ha ricevuto? Quanta? Di che qualità? Quali cose ha imparato e conosce e quali no? Ho studiato alle scuole elementari e medie di Lomma. Direi che la mia educazione è stata spicciola, dato che mi sono fermato presto ed il demos ha una sola scuola superiore. Quanta’ a sufficienza per avere una cultura di base. Circa la qualità non sono competente per valutarla. Non so molte cose specifiche, ma se mi chiedete informazioni generali ho le basi per rispondere.
· Che tipo di relazioni ha? Che tipo di amici? Che tipo di nemici? Perché? Poche relazioni, perlopiù d’amicizia. Per il resto “convivo” coi miei coetanei, in quanto lego con pochi. Nemici al momento non ne ho: non vivo in competizione.
· Ha cattive abitudini? Droga, alcool, tabacco, gusti sessuali? Che vizi ha? Sono testardo e mi piace credere che ci sia qualcosa a guidarmi. Uno cripto fatalista insomma.
· Descrivi il suo aspetto fisico: colore della pelle, altezza, peso, fisico, corporatura, colore dei capelli e degli occhi. Pelle chiara, alto poco più della media. Corporatura normale, capelli castani non molto scuri, volto appena affusolato col pizzo e dei baffi poco evidenti. Occhi marroni.
· Ha degli handicap, dei segni di distinzione, tatuaggi o sfigurazioni? Perché? Come se l’è procurate? Niente di tutto ciò. Ho una piuma di falco.
· Che tipo di gioielli od ornamenti indossa: anelli, orecchini, collane, medaglioni o piercing? Non mi piacciono le bigiotterie.
· A che classe sociale appartiene: ricco o povero, onesto o farabutto, soldato o capitano, mercante od operaio, insegnante o studente, di nascita nobile od umile, istruito od ignorante, razionale o superstizioso, religioso o scettico? Ragazzino del basso ceto medio… è questo il ceto dei piccoli artigiani, no?… di nascita umile, istruito al livello della sufficienza, non superstizioso e con un credo in Urezhia convenzionale. La religione non è mai stata una mia bega.
· Che vestiti indossa: colorati o semplici, costosi od economici, eleganti o sobri? Descrivili. Che tipo di calzature, di gambali o gonna, di camicia o giubba, di giacca, di copricapo? Non vesto abiti costosi, solitamente cose in lino o stoffa resistente di colori spenti. Di solito indosso un maglione ed un paio di pantaloni in stoffa resistente. Mi piacce l’accostamento arancione-marrone. Uso scarponi o sandali, a seconda della stagione, perché ho solo queste due calzature. Ho un cappello a cui tengo molto, sul quale tengo la mia piuma di falco.
· Che armi porta? Perché? Cosa fanno queste armi? Quanto s’è allenato nel loro uso? Uso Onux, che Baba Jaga ha voluto che mi procurassi perché fossi meglio in grado di badare a Thalna. È una lama in grado d’assorbire l’animi vis. Ho fatto alcuni mesi di scherma in totale.
· Che poteri od abilità possiede? Se non ne ha nessuna, cos’ha di speciale, di fantastico? Il mio animae telum è Ierax.
· In cosa crede? Cosa sa? Cosa cerca di sapere? Credo in Urezhia. Credo.
· Qual è la sua debolezza, il suo vizio fatale? Sono testardo e se mi faccio prendere da un’idea non l’abbandono finché non sbatto il naso col reale. Di solito è un brutto colpo.
· Di cos’ha paura? Di crollare quando mi rendo conto dell’inutilità della mia testardaggine.
· Cosa lo fa arrabbiare? Non capire. Quando mi trovo intrappolato in una situazione che non comprendo o nella quale mi sento manipolato do di testa.
· Cosa lo rende triste? Il fallimento o quando m’accorgo che la mia esaltazione era inutile.
· Cosa lo rende felice? Passare una giornata piacevole, con piccoli problemi che si risolvono facilmente.
· Cosa vuole? Un po’di felicità.
· Perché lo vuole? Per stare un po’tranquillo.
· Cosa deve imparare assolutamente? Cosa deve dire assolutamente ed a chi? Dovrei imparare a non farmi troppo prendere dalle emozioni forti.
· Qual è l’essenziale problema sentimentale o di emozioni che deve affrontare e risolvere? Porre un freno alla mia cocciutaggine e capire a cosa porta.
· Che evento l’ha reso migliore? Come? Salvare Thalna sul Monte Kyklos mi ha fatto scoprire che devo offrire ad altri la mia spalla.
· Che evento l’ha reso peggiore? Come? In un certo senso trovare Onux, perché mi ha esaltato. L’evento non è stato negativo, sono io che l’ho reso tale.
· Gli eventi del libro l’hanno cambiato: come? Ora ci penso due volte prima d’agire e tento di non farmi prendere dalle emozioni. Ho capito che ogni mia azione ha una conseguenza.
· Qual è il problema? Perché è un problema? Perché il problema lo coinvolge? Il problema è sorto come sfida: uccidere Takkerun. È un problema perché obbiettivamente è un tantino difficile ucciderlo. Mi coinvolge perché ho interpretato male una frase e l’ho ritenuta una promessa Si è poi trasformato nello scampare alla schiavitù.

Salgo lentamente la scala a chiocciola ed entro nella camera. Mi guardo attorno: una libreria, un comodino con una lampada. Edmond mi sta aspettando sdraiato sul letto, leggicchiando un libro. A fianco del giaciglio c’è una sedia. Suppongo che l’’abbia portata qui per me.
- Ciao Edmond. – alzo la mano in segno di saluto, lui chiude il libro tenendo il segno col dito e mi guarda – Dovevamo vederci adesso, no? -
- Adesso? – getta un’occhiata all’orologio sul comodino – Proprio adesso che ero arrivato ad un pezzo divertente di’sto testo – lo sventola: è il De Lommae historia – Parla dell’attacco dei goblin dell’inverno del 2400, è stradivertente vedere come annegarono scendendo dal versante sbagliato di Monte Crono. –
Mi siedo di fronte a lui che per cortesia si alza a gambe incrociate sul letto. Tiene il segno con un dito.
- Non demordi, eh? – ghigno indicandoglielo.
Lui abbassa lo sguardo sulla mano, distratto, e s’accorge che del dito nel libro.
- Ah, scusa. – chiude il volume e lo posa di fronte all’orologio sul comodino; sorride, sventolando la mano imbarazzato – Non è che non me ne frega nulla di te, è istintivo signor… -
La frase gli cade di bocca.
- Autore. – sorrido – Anzitutto grazie per aver accettato questo incontro. -
- Di niente. Non è il caso di ringraziare. –
- David Gerrold dice di farlo. – faccio spallucce e lui mi imita; non sembra eccessivamente interessato e forse vuole avvero tornare a leggere quel libro di storia – Ti piace la storia dunque? –
- Bè, sì, più o meno, abbastanza. – riprende il libro e se lo rigira tra le mani guardando la copertina – Non è la storia che mi piace, ho preso un libro a caso. Diciamo che quando non ho niente da fare faccio un saltino un biblioteca e prendo un testo. Non c’è molta varietà. –
- Perché preferisci leggere ad altre attività… che so giocare a pallone, cazzeggiare in giro. –
- Non è che preferisco leggere. – puntualizza lui, stizzito – Semplicemente sono circondato da… da… -
- Dillo. –
- Da stronzi. – incrocia le braccia – Ecco. –
- Non vai d’accordo coi tuoi coetanei? –
- No, non in quel senso… - fa strani cenni con le mani – Ma anche no. Cioè: abbiamo orari diversi e ce l’ho con loro perché non li vogliono cambiare. – apre le mani – Altrimenti ci saremmo gi trovati. –
- In biblioteca conosci qualcuno? –
- Ecco, lì si che c’è uno Stronzo con la S maiuscola. – puntualizza – Si chiama Lucius Draicht. È in classe con me, un dannato secchione sgobbone che passa tutto il giorno tra scuola e biblioteca. E poi è pedante! -
- Non ti piacciono le persone pedanti? – domando.
- Bè, non credo piacciano a nessuno. – sbotta lui, come fosse cosa ovvia – E poi Draicht è un Pedante… -
- …con la P maiuscola. – sorrido – vero? –
- Vero… - mugugna lui, forse seccato che qualcuno l’abbia anticipato.
- Amici comunque ne hai, no? Leghi con qualcuno, immagino. –
- Oh, certo che sì. – sembra più felice a non parlare di quella persona – C’è Izaac. È un grande, in classe fa sempre un casino assurdo senza farsi scoprire. Poi c’è Alurion. – sorride – Un compagnone. Non so perché ma vuole fare il samurai e s’allena col vecchietto sulla casupola volante. Quando non è lì spara cavolate a raffica. Fa troppo ridere. Poi… –
- Quello con cui vai più d’accordo chi è? –
- Direi… - so gratta la peluria sul mento – Alurion. – annuisce, convinto – Sì, lui. Ogni tanto viene anche qui. È la persona che ha orari più rigidi, ma per assurdo anche quella con cui mi vedo di più. – sogghigna – Non è curioso? -
- Oh sì, tantissimo. – sospiro fingendomi annoiato da cosa dice – Passando ad altro… -
- Se ti secca così tanto che dica ciò che voglio, puoi dirlo anche in modo più esplicito, sai? – mi sta guardando con un sorriso falso – Mi danno sui nervi gli sbattipalle. –
- Scusami… -
- Scusami un corno! – si alza dal letto con uno scatto improvviso e viene verso di me – Ti piace tanto insinuare, insinuare ed insinuare, vero? Insinui che io sia un disadattato, un asociale e quando ti do le prove che ciò non è vero cerchi subito un nuovo terreno su cui tentare di insinuare. – vedendolo così vicino e così poco conciliante m’alzo anch’io – Adesso ti faccio io una domanda, caro signor Autore. –
- Pongo, non faccio. – preciso.
- E chi diavolo se ne frega! – spalanca le braccia e molla un pestone a terra – Abbia la misericordia di dirmi perché cerchi i difetti nascosti. Se ti diverte così tanto, cerca i tuoi. I miei credo siano già si troppo palesi: disadattato, asociale e finto colto che in realtà non conosce la grammatica! –
- E molto irascibile. – ironizzo.
Edmond non risponde. Mi sta guardando con le sopracciglia corrugate. Si stropiccia le mani.
- Non vengo mai alle mani. – dice – Fuori di qui. -
- Ma… -
- Ho detto: fuori-di-qui. F-u-o-r-i-d-i-q-u-i.-
- Senti Edmond, so che sei una persona ragionevole… -
- Mi hai sentito? Fuori di qui! – mi spintona verso la porta - Fuori di qui, per la miseria!. –
Esco, mi volto a chiedere spiegazioni e in quel momento mi sbatte la porta sul naso. Ahio, fa male.
Non demordo e busso di nuovo.
- Edmond? -
Mi apre, lo sguardo torvo. Respira lentamente, le narici si dilatano e restringono. Mi fissa dritto negli occhi.
- Cosa vuoi? -
- Finire il nostro dialogo. – gli porgo una mano – Magari con un po’più di calma. –
Non risponde. Guarda la mia mano come se gli stessi offrendo una cacca. Scuote il capo, apre tutta la porta con una botta della mano e si dirige verso il letto a passo rigido, quasi militare. Si siede dov’era prima.
Entro di nuovo, stavolta con un po’più di circospezione, mi siedo.
- Scusa per prima. Non insinuavo nulla. -
- Scusatu. – replica lui veloce, guardando le proprie dita intrecciarsi – Che vuoi ancora? –
- Se ti faccio questa domanda forse mi cacci di nuovo… - sorrido con un’ammirevole faccia di bronzo.
- Falla. – sbotta, scrollando le spalle con disinteresse – Mica mi devi prevenire il trauma. -
- Va bene. – accavallo le gambe – Hai una ragazza? –
- Sì. -
- Come si chiama. –
- Thalna. –
È così interessato alle mie domande che nel mentre sta guardando se sotto le unghie ha della sporcizia.
- Me la descrivi? –
- Carina, simpatica. –
Il suo s-coinvolgimento è sempre più intenso. Non deve ancora aver mandato giù il diverbio.
- Vuoi dirmi qualcosa di più su di lei? -
Alza solo gli occhi.
- Tipo? -
- Mha, non so. – agito le mani per farmi venire un’idea – Che so, com’è il vostro rapporto… -
- Molto buono. – replica subito stizzito.
- T’infastidisce parlare di lei? – mi risistemo più comodo sulla sedia – Sembra di sì. –
- Non è che m’infastidisca dire come stanno le cose tra me e Thalna. – sospira lasciandosi stare le unghie e appoggiando le mani sulle ginocchia incrociate – Forse mi secca dirlo a te, visto poco fa. Vedi, io non sono un partner geloso; anzi, sono molto cortese, dunque te ne parlerò comunque.
Il nostro rapporto è molto buono, per essere quello tra un sedicenne ed una diciassettenne che dura da quattro anni. Io voglio bene a lei, lei vuole bene a me. Non c’invadiamo. –
- Sicuro? -
- Bè, ammetto che in passato lei ha avuto il pallino di farmi allenare come fossi un piccolo soldatino, ma visto cos’aveva passato lo posso anche capire. –
- E cosa ha passato? –
Mi guarda storto. Forse ho chiesto troppo e mi caccia di nuovo.
- Cavoli suoi. – risponde secco senza staccarmi gli occhi di dosso – Siamo alla prima “prova” tutti e due. Mai fidanzati prima. -
- Come vi siete conosciuti? –
- Cavoli nostri. – replica, anche se stavolta non mi guarda torvo ma solo appena scocciato.
- Perché? –
Allunga lo sguardo verso il cappello con la piuma di falco , appeso all’attaccapanni.
- Perché sì. – risponde, come fosse un’ovvietà; stavolta si limita ad una scrollatina di spalle, forse il segno che l’arrabbiatura s’è calmata.
- Veniamo al dunque. Per una serie di eventi ti sei trovato tra le mani Onux, la spada di un tuo antenato. Cos’hai provato a brandirla? –
- Ah, Onux. – con un sorriso me la indica, appoggiata al comodino – Ero contento, tanto contento. Mi sentivo un eletto. Mi piaceva l’idea che qualcosa di superiore avesse mosso le sue pedine e che io fossi proprio una delle più incisive. Anche solo un pedone, ma quello che avrebbe messo in scacco il re. –
- Scusa la parentesi… ma ti piacciono gli scacchi, vero? –
- Sì, sì. – annuisce divertito, poi si sdraia sul letto – Ma sono una vera frana! Mi batte chiunque.
Dicevi? –
- Dicevo che ti eri esaltato molto per quella spada. – la indico anch’io – Ciò ti ha portato a vari errori, ma da essi qualcosa hai imparato. Ritieni che senza Onux avresti fatto quel percorso? -
- La responsabilità l’avrei acquisita molto più tardi. – si rialza di scatto – Ma di certo sarebbe stata una responsabilità diversa. Una responsabilità forse da padre, da capofamiglia o da semplice maggiorenne… da ruolo. Non da persona. Così ciò che mi rende responsabile non è né l’età, né il mio ruolo lavorativo, ma il semplice fatto di essere Edmond Petrarkés. –
- Però saresti maturato inevitabilmente con l’età. –
- Più tardi. – specifica.
- Di Takkerun che mi dici? –
- Non è compito mio ucciderlo. – mi risponde scandendo bene le parole – Anche se a volte penso il contrario. Come vedi la mia responsabilità è ancora insicura… Ora due domane te le posso fare io? – chiede con un sorriso che non capisco quanto abbia di sincero dopo la sfuriata di prima.
- Va bene, dimmi… - mi pizzico la barbetta.
- Resterò mai solo? – chiede subito, deglutendo nervoso.
- Non ci ho ancora pensato, se devo ammetterlo. Lo temi? –
- Molto. – annuisci – Sì. Davvero tanto. – mi guarda con una certa pietà – Sicuro di non aver deciso nulla in proposito? –
- Ho deciso che prima o poi Lomma sarà distrutta. Ma solo non resterai. -
- Diamine. – si guarda i pugni che sta stringendo – Almeno dimmi chi ucciderà Takkerun. –
- Tu. –
- Whoa! – sbotta; il malumore se n’è andato.
- Vuoi sapere come? -
- Oh no, no. Proprio ora che mi sto liberando di quest’impianto che m’incombe dall’alto. Dimmi solo se mi toccherà molta confusione nella strada tra me e la sua testa. –
- Molta confusione. Ribadisco – tantissima. Una certa persona morirà pure. Ed un’altra anche, ma è un caso a parte. E poi siamo su un blog, finché non saprò nulla dalla BCDE l’editoria cibernetica la lascio stare. – mi volto verso di te, lettore – Ebbene sì carissimo, questo è un inforigurgito in piena regola. – torno ad Edmond – Ed anche dopo la sua capitolazione non ve la passerete liscia. Vi lascero a sguinzagliare per Helpyria per circa otto anni. –
- Otto ann… - bercia lui – Boiaccia! – si guarda intorno, tra lo stupito, il felice e lo spaventato – Ma è un sacco di tempo! Otto anni! La metà della mia vita attuale, un terzo di ciò che sarà – scuote il capo, incredulo – Bè, se non mi va tutto ciò posso cambiarlo,, no? –
- No. – replico netto.
- No? Ma il destino non esiste. -
- Il destino esiste solo dove c’è un Dio. Ergo, un autore. – e gli faccio una pernacchia; aggrotta le sopracciglia, come fosse offeso per finta – Vuoi sapere altro? -
- Odio quelli che ti leggono il futuro. – sbotta grattandosi i capelli – Io non voglio più sapere nulla. Forse so troppo. O chissà. – mi ferma con una mano – In ogni caso basta così. –
- Va bene. basta così. – mi alzo e gli stringo una mano in cenno di saluto – Grazie per l’intervista Edmond. –
- Di niente. -



Fonti e/o approfondimenti:

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